TRA I LEGNI
I voli taciturni di Dino Zoff
Presentazione / Spettacolo
a cura dell’autore
Giuseppe Manfridi
Martedì 22 marzo ore 20
in Via Alberico II 37, Roma
UN GRANDE CAMPIONE, UN ATLETA RISPETTATO E AMMIRATO, UNA CARRIERA INIMITABILE RACCONTATA CON PASSIONE E PARTECIPAZIONE
Grande campione, atleta esemplare e rispettato, che ha trasformato il ruolo più misterioso del gioco del calcio in una filosofia di vita, volto serio stampato nella memoria di tanti tifosi, uomo di pochissime e misurate parole, ma capace di gesti anche molto eloquenti, sul campo e fuori, Dino Zoff (classe 1942) è il più grande portiere della storia del calcio italiano, se non «il più grande portiere di tutti i tempi», come ebbe a dire una volta Trapattoni. Le sue origini friulane, profonde, i centimetri di statura che non aumentavano e i primi provini; la provincia (Udinese e Mantova) e poi Napoli; l’approdo alla Juventus e una striscia brillante di vittorie; e ancora la maglia azzurra e, su tutto, il capolavoro: l’epica vittoria dei Mondiali di Spagna nel 1982: una carriera inimitabile, costellata di record tuttora imbattuti, una vita eccezionale, ma vissuta come se fosse normalissima, scorre appassionante nelle pagine ricche, sentite, precise di questo libro frutto di lunghe ricerche e di numerose conversazioni. Un’avventura unica che Giuseppe Manfridi ha saputo raccontare con il polso del vero narratore e con quel pizzico di affettuosa faziosità che tutti i narratori hanno quasi il dovere di avere… «sennò farebbero i notai».
Si direbbe che il portiere introduca nello sport del calcio i dettami di un altro sport. Il suo ruolo suggerisce un’idea di disagio. Disordina. Segnala come una devianza che è un obbligo accettare: senza di lui, il gioco sarebbe impossibile praticarlo. Tuttavia, la devianza resta tale. Chiunque frequenti da protagonista il mondo del pallone ricoprendo un ruolo che non lo faccia giocare a pallone – supponiamo un allenatore, un dirigente, un arbitro – da ragazzo, al minimo da bambino, ha di certo sognato di fare e di far fare gol; come qualsiasi regista di teatro ha prima di tutto desiderato recitare. Chi gioca in porta, invece, può essere che abbia ambìto da sempre solo a questo. A parare. Gli altri stentano a comprendere come la cosa sia potuta avvenire. Preferiscono parlare di follia ribadendo il luogo comune che recita: «I portieri sono matti». No. Scandalosi, semmai. Sono coloro che scelgono di stare in mezzo, e mai al centro. A protezione di un’idea, di una metafora. Di quella superficie astratta che dovrebbe significare infinite cose, a seconda del valore che ciascuno le attribuisce. Per avversario, più che gli avversari, hanno la partita stessa. Quando si muove contro di loro, i difensori valgono gli attaccanti, il pericolo è ovunque. E quando interviene lui, il portiere, la partita si interrompe. Smette e cede il passo. Collassa, non è più. Tutto è resettato e si ricomincia
Dalla premessa di Tra i legni
Giuseppe Manfridi è nato a Roma, dove attualmente vive dopo molti anni trascorsi a Parigi. Considerato uno dei massimi drammaturghi italiani, è autore di commedie rappresentate in tutto il mondo. Fra i suoi titoli di maggior successo figurano Giacomo, il prepotente, Ti amo, Maria, Elettra, La cena, La partitella e Teppisti! Ha firmato le sceneggiature di Ultrà, Maniaci sentimentali e Vite strozzate. Più volte finalista al premio Strega, il suo romanzo più recente è Anja, la segretaria di Dostoevskij. Per questa edizione di Tra i legni, che appare in occasione dell’ottantesimo compleanno di Zoff e del quarantesimo anniversario dell’impresa di Spagna, l’autore ha interamente rivisto il testo, ampliandone diverse parti.
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